Il pensiero alla parola maggiordomo ci porta quasi sempre ad immaginare un signore distinto e impettito in livrea nera che si occupa della gestione della villa del suo padrone. In realtà la figura del maggiordomo nel 600/700 all’epoca dei Savoia era molto diversa e ricopriva una figura importantissima nella corte. Erano scelti tra le famiglie nobili ma soprattutto dovevano essere uomini di “prime nobilitatis et rare virtutis“, perchè le qualità personali e i servigi prestati contassero nella scelta
più del sangue; e anzi non mancano casi di maggiordomi di origine borghese, giunti a tale dignità attraverso una carriera negli uffici giudiziari o finanziari.
Il re nominava diversi maggiordomi alcuni solo come carica onorifica altri invece che accompagnavano la corte e s’incaricavano di dirigerne la vita quotidiana;
erano soprattutto quelli che venivano nominati, con significativa precisazione,
all’ufficio di “continuum et residentem magistrum hospicii nostri”, perché fosse ben
chiaro che non si trattava di una nomina meramente onorifica. A loro spettava, fra l’altro, verificare e controfirmare le note spese di tutti i fornitori della casa ducale e le richieste di rimborso dei servitori nonché controllare e vidimare, ogni mese, il registro delle spese quotidiane della casa, presentato dall’impiegato a ciò addetto. Spettava a loro, altresì, la responsabilità del guardaroba ducale, e con esso delle tappezzerie, masserizie, abiti e gioielli. Veniva poi scelto tra tutti un gran maggiordomo, la cui responsabilità politica eccedeva quella più propriamente amministrativa: infatti egli partecipava più spesso degli altri alle riunioni del consiglio ducale, lasciando la gestione quotidiana agli altri maggiordomi. Era a tutti gli effetti il Primo ministro dell’Epoca per la sua importanza.
La villa che ho avuto la possibilità di visitare grazie all’architetto che ha seguito i progetti di un possibile recupero fu costruita su un terreno rurale dove esisteva già una cascina tra il 1675 e il 1683 dal gentiluomo Valeriano Napione.
Inizialmente fu soprannominata la Napiona proprio per il nome del suo primo proprietario, in seguito prese il nome dalla carica di “maggiordomo” ricoperta intorno alla metà del Seicento da Valeriano presso la corte del principe Emanuele Filiberto di Savoia Carignano. Napione affido la costruzione al famoso architetto torinese Guarini o forse più presumibilmente ad un suo allievo Giovanni Francesco Baroncelli, perchè avrebbe voluto avere una costruzione simile al Palazzo Carignano che stavano costruendo nello stesso periodo I Savoia. Inizialmente la villa era concepita per un luogo di svago con saloni e stanze per i ricevimenti. L’importante salone centrale di forma ellittica si ergeva fino al secondo piano, in fase di restauro sono stati scoperti gli attacchi dei balconcini tra primo e secondo piano concepiti per la permanenza dei musici e dei cantanti che allietavano le serate degli ospiti. Solo in un secondo tempo probabilmente nel 700 vennero aggiunte le ali laterali contenenti le cucine, la cappella e le stanze al piano superiore. Altre migliorie tra cui la limonaia o giardino d’inverno creato con enormi vetrate nel rifacimento della parte ovest e la meravigliosa scala elicoidale in legno, abbastanza preservata, furono create da un altro proprietario, Amedeo Peyron, tra l’800 e i primi del 900 su progetto dell’architetto Carlo Ceppi, famoso a Torino per l’opera della Stazione Porta Nuova. La cappella invece venne completamente rifatta nel 1833 da Andrea Gonella, banchiere di Carrù, la cui famiglia tenne la palazzina fino al 1868.
Confrontandola con il famoso palazzo Carignano di cui forse voleva essere una riproduzione in piccolo la villa “Il Maggiordomo” acquista sicuramente un valore aggiunto in quanto il mantenimento delle finiture originali potrebbe suggerire (naturalmente in modo semplificato e in scala inferiore) l’aspetto che avrebbe potuto assumere Palazzo Carignano se fosse stato completato con l’applicazione dell’intonaco e dello stucco decorativo. Il Carignano infatti, a causa di una successione di eventi tra cui la morte del Guarini, l’esilio del committente e la già citata mancanza di calce, è rimasto diciamo “incompiuto” nella la facciata con il paramento in mattoni a vista.
La villa negli anni passò di mano in mano a personaggi più o meno illustri fino al declino iniziato con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, quando venne
danneggiata dalle truppe tedesche e poi ospitò alcune famiglie sfollate, che abitarono nel complesso anche nei decenni successivi, quando «il Maggiordomo» era già in gran parte abbandonato.
Nel 1952 morí Luigi Corrado Della Chà (o Della Cà), l’ultimo proprietario ad aver abitato nella villa e la proprietà andò alla figlia Marizzina, che nel 1955 sposò il principe romano Ladislao Odescalchi lasciando la nobile dimora abbandonata a sé stessa. Sa qui iniziò velocemente il declino, arrivarono i ladri che depredarono parte dei pavimenti e i camini, il tetto crollo lasciando i danni delle infiltrazioni d’acqua e tutto sembrava perso.
L’attuale proprietà che ha acquistato l’immobile in stato di avanzato degrado ha negli ultimi anni ricoperto il tetto con lastre di metallo e iniziato un primo intervento conservativo di restauro sugli stucchi. Intanto mentre il maggiordomo cerca di sopravvivere al tempo inesorabile sta cercando una nuova destinazione d’uso sostenibile negli anni e un partner per la ricostruzione.
Spero veramente ci riescano presto perchè la triste sorte di questo edificio non rende giustizia alla sua valenza architettonica e storica, il maggiordomo è un vero e proprio gioiello dimenticato del barocco torinese.
Il Giardino d’Inverno
La chiesa
Particolari
Le fotografie d’epoca allegate sono state pre se dal web da questi link:
https://www.univoca.org/wp-content/uploads/Villa-del-Maggiordomo-in-TorinoStoria-42.pdf
https://www.univoca.org/wp-content/uploads/VILLA-IL-MAGGIORDOMO-17-MAGGIO.pdf
Bellissimo reportage. Seguo sempre con piacere il tuo blog
Grazie mille Franco
Il Maggiordomo circa dieci anni fa si presentava così:
http://www.c-reger.eu/01-SOUL-RUINS/SOULRUINS.html
http://www.c-reger.eu/02-SOUL-RUINS/SOULRUINS.html
http://www.c-reger.eu/27-SOUL-RUINS/SOULRUINS.html
Molto spesso i tentativi di restauro (quasi sempre inconclusi) sono la condanna definitiva di questi luoghi.
Il tempo, per quanto ci si affanni, non torna indietro.
Quasi mai.
Molto belli i tuoi scatti, si purtroppo il tempo non torna mai indietro ma qualcosa a volte forse si può riuscire a recuperare…
Pingback:Un anno di esplorazioni... - Lorena Durante
Ho letto con molto interesse il suo articolo su “Il Maggiordomo” e la ricostruzione della sua storia, anche perché in quel palazzo ho vissuto alcuni anni della mia prima infanzia con la mia famiglia sfollata, insieme ad altre. Il palazzo era molto malandato e nei piccoli alloggi recuperati per gli sfollati – in realtà composti da un’unica stanza senza servizi – si viveva numerosi (noi eravamo in quattro, mia madre, mia sorella e mio fratello). Ho il ricordo di una sorta di cortile prospiciente il palazzo dove giocavo e di inverni freddissimi con tanta neve che circondava il luogo.
Franca
Che bella questa sua testimonianza, la condivido con piacere. Grazie Franca
Grazie per le foto dell’interno, sono le migliori tra quelle che si trovano sul web (si vede la mano di una professionista) . Abito abbastanza vicino a questa meraviglia barocca e da un paio di anni la vado “a trovare” durante i miei giri di corsa ogni settimana, ma l’ho sempre solo potuta ammirare da davanti al cancello… Purtroppo ultimamente la furia delle intemperie ha divelto parte della copertura in lamiera posta a protezione, per cui se non si rimedia in fretta, prevedo un tragico destino per queste storiche mura. E’ un peccato che sia stata abbandonata, personalmente trovo che emani un fascino incredibile e pensare che è lì da 350 anni fa venire i brividi. Grazie ancora per il tuo splendido lavoro.