Le persone sono state create per essere amate. Le cose sono state create per essere usate. Il motivo per cui il mondo è nel caos è che si amano le cose e si usano le persone
(John Powell)
Quando ho visto le prime fotografie di questo luogo ho pensato fosse un magazzino di un antiquario. Solo cercando la sua posizione per visitarlo ho scoperto che si trattava di un museo. Tuttavia, ho realmente capito cosa avevo davanti solo quando ho varcato l’entrata di questo luogo grottesco, ma anche estremamente meraviglioso.
Negli anni Sessanta Piero Benzi, un tecnico campanaro, abbracciò la causa ambientalista. Osservava con dolore le sue terre inquinate, i boschi scomparire e le persone morire avvelenate da un lavoro che avrebbe dovuto sostenerle. Oltre a organizzare proteste singolari, distribuire volantini e a incatenarsi ai campanili per difendere alcune cause in cui credeva fermamente, decise di prendersi cura di quel mondo che amava decidendo oltre a provare a salvarlo a tentare di provare a custodirlo.
Con la moglie intraprese un lungo pellegrinaggio attraverso il Piemonte, iniziando a collezionare oggetti di ogni tipo: cavalli a dondolo, bambole, biciclette, piatti, vasi, ventilatori, orologi. Raccontava di averne salvati circa 2.700.000, accumulandoli intorno alla sua casa. Nacque così il MUSEO SHANGRI-LA, un luogo che accoglieva qualsiasi cosa creata dall’uomo, esposta in vetrine, ripiani e scaffali, coprendo oltre 5000 metri quadrati. Entrando, siamo stati subito colpiti dalla luce dorata che filtrava tra le tettoie in plexiglas. Abbiamo iniziato a notare oggetti strani, chiamandoci per segnalare le cose più particolari, come la macchinetta per l’oroscopo, i giocattoli, le radio d’epoca. Poi, tra tutti quegli oggetti, abbiamo iniziato a riflettere. In silenzio, abbiamo continuato a esplorare i piccoli corridoi del museo, fotografando ciò che ci colpiva e cercando di comprendere il messaggio del signor Piero.
Il trascorrere del tempo e della vita si riflette su quegli scaffali: la polvere, i rampicanti che avvolgono ogni cosa, le macchie di muffa verdognola, lo sporco e la ruggine accumulati negli anni. Una storia incredibile dell’umanità, fatta di oggetti inutili e di elementi del nostro vivere quotidiano, ci appare come un grido.
Un grido forte e sordo che trafigge l’animo, dal quale desideri fuggire, perché ti rendi conto che tutto lì è un grande memento mori, una denuncia al consumismo e al nostro attaccamento agli oggetti. Il ciarpame affiancato a oggetti di rara bellezza racconta le profonde differenze del nostro mondo e di chi lo abita…
Lo Shangri-La non è un museo convenzionale; è un rifugio per oggetti, e forse lo era anche per Benzi, che qui dentro si è un po’ smarrito. Ha cercato un senso nel suo collezionismo estremo, ma chissà se alla fine l’ha trovato. Questo luogo mi ha trasmesso un senso di inquietudine, con tutti questi oggetti abbandonati e dimenticati, ormai inutili. Mi ha fatto riflettere sull’importanza di dedicarci più alle persone che ci circondano, invece che alle cose. Dovremmo prenderci cura di loro, perché alla fine ciò che conta davvero sono le persone che amiamo, non gli oggetti che conserviamo.
Ma a che cosa si riferisce il nome del museo Shangri-La? Questo luogo è apparso per la prima volta nel romanzo del 1933 Lost Horizon dell’autore britannico James Hilton. Nel romanzo, Hilton racconta lo Shangri-La come una terra dove le persone vivono in perfetta armonia con la natura, una perfetta utopia nascosta.
Lo shangri-la è stato chiuso dopo la morte, nel 2014, del suo ideatore e fondatore Piero Benzi. Giace abbandonato accanto al fiume e resisterà ancora davvero poco con tutte le piogge incessanti di questo periodo. Una parte è già scivolata lungo la scarpata, se non si farà qualcosa a breve tutto sparirà e rimarranno solo le nostre fotografie a testimoniare che non abbiamo sognato ma che questo luogo è esistito veramente.
Quando visitiamo un posto le sensazioni che proviamo sono completamente diverse a volte, l’articolo di Samuele Silva lo dimostra appieno, come anche le fotografie che vengono scattate ritraggono oggetti o particolati a volte non notati da qualcun’altro.