Solitamente il megalomane, sia pazzo che nominalmente sano,
è il prodotto di qualche profonda umiliazione.
(Bertrand Russell)
Se ti giri dal mare vero le colline di livorno lassù in cima, nascosto solo in parte dalla vegetazione, puoi vedere un minuscolo blocco di cemento che in realtà è un enorme cattedrale nel deserto. Sono i resti di un’opera maestosa e imponente che doveva essere l’eredità di un uomo che accecato dalla megalomania sognava di dominare la città dall’alto, perfino da morto.
La costruzione del mausoleo iniziò nel 1939 alla morte del gerarca fascista Costanzo Ciano, padre del più celebre Galeazzo, per custodire le sue spoglie e quelle della sua famiglia e fu finanziato da una sottoscrizione pubblica aperta dal Podestà di Livorno.
Il progetto del Mausoleo di Ciano era davvero megalomane : una statua alta 12 metri doveva poggiare su un grande basamento e un imponente faro di 50 metri riproducente un enorme fascio littorio avrebbe dovuto completare l’opera.
Il faro fu realmente costruito ma fu demolito dai tedeschi che lo minarono poco prima di abbandonare Livorno il 9 luglio 1944, mentre la statua che doveva ritrarre Costanzo alla guida di un MAS si trova tuttora incompiuta nella cava dell’Isola di Santo Stefano in Sardegna.
Mai terminato, oramai quasi completamente crollato, è rimasto là in alto a godersi di quel panorama mozzafiato, un rifugio di ragazzi e una mezza discarica che negli anni non ha mai visto un’idea valida per poterlo recuperare.
Salendo tra i boschi del Monte Burrone si arriva a vedere cosa rimane: l’enorme base in cemento armato con sui fianchi le due scalinate da 70 gradini che portano sul tetto su cui doveva ergersi la statua, all’interno un ambiente voltato sorretto da enormi colonne, cui si può accedere da un ingresso davanti al quale si trova il massiccio coperchio e il sarcofago in marmo rosso. Il sarcofago invece delle spoglie di Ciano accoglie la vegetazione e l’acqua che si è raccolta nel corso di circa settanta anni. L’interno è ricoperto di graffiti e scritte. Due ambienti, ridotti a discarica, si aprono rispettivamente sulla sinistra e sulla destra, accanto all’ingresso: uno doveva ospitare le scale e l’altro l’ascensore che avrebbe portato i visitatori al faro.
Nella Pasqua del 1962 due bambini uno di 15 e uno di 4 si si avventurarono sopra al tetto e morirono cadendo abbracciati sotto, una tragedia che torno a far parlare di questo monumento abbandonato, ma la polemica cessò poco dopo e tutto rimase com’era …
pericoloso e inquietante.
Addirittura nel 2015 Daniele Caluri è un fumettista italiano noto, tra le altre cose, per essere stato illustratore del famoso giornale satirico livornese “Il Vernacoliere”, ha proposto con un post sulla sua pagina facebook di trasformarlo nel deposito di Paperon de’ Paperoni per ridargli una dignità perduta da molti anni. Mi è stato raccontato che qualcuno ha perfino tentato di dipingerlo completamente di rosso forse per cancellare quella macchia nera nel secolo rosso di Livorno, ma comunque nulla lo ha riportato “in vita” per ora e nulla è stato fatto per metterlo davvero in sicurezza.
CHI ERA COSTANZO CIANO?
Nasce a Livorno il 30 agosto 1876. Entra quindicenne all’Accademia navale di Livorno, dove, nel luglio 1896, consegue la nomina a guardiamarina.
Due anni dopo è promosso sottotenente di vascello, quindi nel 1901 ottiene il grado di tenente di vascello ed è assegnato alla scuola per mozzi sul veliero “Miseno”. Ricopre incarichi a La Spezia ed a Taranto e successivamente, tra il 1911 ed il 1912, partecipa, al comando di una torpediniera, al conflitto italo-turco, compiendo missioni speciali di polizia coloniale.
Nel 1913 riceve un encomio solenne.
Allo scoppio della prima guerra mondiale, con il grado di capitano di corvetta, è a Tobruk. Da qui opera contro le formazioni delle resistenza senussita, ottenendo la prima delle quattro medaglie d’argento al valor militare assegnategli nel corso del conflitto. Rientra quindi in Italia dove, prima come capitano di fregata, quindi, dal luglio 1917, come ispettore dei “MAS”, fa delle unità siluranti di superficie l’arma più temuta dalla marina austroungarica.
Tra le imprese da lui condotte merita di essere ricordata la missione a cui prese parte anche Gabriele D’Annunzio, giungendo fin dentro la costa dalmata, nella notte tra il 10 e l’11 febbraio 1918. Sebbene priva di consistenti effetti materiali, la “beffa di Buccari” contribuisce a risollevare il morale italiano, ancora scosso da Caporetto. Per questa azione ottiene la medaglia d’oro al valor militare e, più tardi, nel 1925, il titolo nobiliare di conte di Cortellazzo e di Buccari.
Nel maggio del 1919 Ciano, ormai capitano di vascello per meriti di guerra, è posto a sua domanda in ausiliaria. La rinuncia alla carriera militare trova fondamento nella prospettiva di un impiego ben più remunerativo.
Tale si rivela infatti la direzione della compagnia di navigazione Il mare, offertagli da Giovanni Agnelli.
Di lì a qualche mese inizia la sua carriera politica. Di orientamento genericamente nazionalista, nel novembre del 1919 si candida nelle liste dell’Unione democratica per la circoscrizione Livorno-Pisa, ma non viene eletto.
Aderisce quindi al fascismo, imponendosi presto all’attenzione nazionale come il massimo rappresentante livornese del movimento.
Entra alla Camera dei deputati nel 1921 (XXVI legislatura), eletto per la circoscrizione Pisa-Livorno-Lucca-Massa Carrara nelle liste del Blocco nazionale, in rappresentanza dei fasci di combattimento. Si dedica quindi alla vita parlamentare, dimettendosi dalla compagnia di navigazione che dirigeva.
Durante la crisi dell’ottobre 1922 si adopera insieme con De Vecchi e Salandra per evitare una soluzione violenta, ma i contatti allacciati a Roma e a Milano risultano superati dagli eventi. Poco dopo è chiamato da Mussolini al Governo, dove ricopre la carica di Sottosegretario alla marina (a capo del dicastero è Paolo Thaon di Revel).
Gli viene inoltre assegnato il Commissariato alla marina mercantile. Si impegna allora per ammodernare la flotta e introduce il nuovo Regolamento sulla sicurezza della vita umana in mare, procedendo nel contempo ad una vasta epurazione degli elementi di sinistra.
Nel 1923 è promosso contrammiraglio di divisione nella Riserva navale, quindi ammiraglio di divisione.
Divenuto il 3 febbraio 1924 Ministro delle poste e telegrafi in sostituzione del dimissionario Colonna di Cesarò, si trova presto alla guida di un organismo dalle competenze notevolmente ampliate: il 3 maggio di quello stesso anno il dicastero da lui diretto assume infatti la denominazione di Ministero delle comunicazioni, competente altresì per la marina mercantile, le ferrovie e la radiofonia.
Nel decennio in cui è ministro Costanzo Ciano accentua il centralismo burocratico e imprime un forte impulso allo sviluppo complessivo delle comunicazioni e dei trasporti, ponendo particolare attenzione al miglioramento della rete stradale e all’ammodernamento delle ferrovie. Nel 1928 egli è anche il massimo artefice della costituzione dell’Ente italiano audizioni radiofoniche (EIAR).
Proprietario del quotidiano livornese Il telegrafo, membro dal 1930 del Gran Consiglio del fascismo e ammiraglio di squadra dal 1931, Costanzo Ciano è eletto per acclamazione Presidente della Camera dei deputati il 30 aprile 1934 e riconfermato cinque anni più tardi, il 18 aprile 1939, nella prima seduta di quella che è ormai divenuta la Camera dei fasci e delle corporazioni. Alla preparazione del nuovo organo politico aveva partecipato direttamente in qualità di membro della commissione nominata il 18 novembre 1936 dal Gran Consiglio del fascismo insieme con Achille Starace, Arrigo Solmi, Giuseppe Bottai e Ferruccio Lantini. Della sua Presidenza si ricorda in particolare la promozione della legge istitutiva del grado di “primo maresciallo dell’Impero”, che, sotto questo aspetto, parificava il sovrano a Mussolini.
Il 17 luglio del 1937, divenuto ormai ammiraglio d’armata, il Re lo insignisce del collare dell’Annunziata.
Muore improvvisamente nella notte tra il 26 ed il 27 giugno 1939, mentre si reca in automobile alla sua tenuta di Ponte a Moriano (Lucca). Il fascismo gli tributa onoranze solenni.
Suo figlio Galeazzo Ciano sposo Edda Mussolini, la prima dei cinque figli del duce.
P.S.: le foto del tetto e del panorama da lassù cercatele in rete io non sono riuscita a trovare il coraggio per salirci sopra !!
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Io ho trovato il coraggio, spinto dalla mia nipote ventenne, e il panorama è mozzafiato. L’idea di Caluri è geniale (gliel’ho anche scritto): pensate il mausoleo pieno di dobloni di cioccolata in cui i bambini, livornesi e non, possano tuffarsi! Un cambio di paradigma splendido: dalla celebrazione della guerra a quella dell’infanzia (al cioccolato).
Sono Carlo Bournique – Una mia idea sarebbe quella di trasformare quel mausoleo – che ci riporta ad un tempo fascista scellerato – in qualche cosa di redditizio per Livorno. Si potrebbero organizzare visite a pagamento con pulmini che farebbero visitare prima la chiesa di montenero (interessantissima) per in seguito spostarsi a quell’opera (il monumento a Ciano) che ci riporta ai tempi bui del fascismo. Bisognerebbe metterlo in sicurezza, ripulitlo e descriverlo per quello che era nonché per far ricordare la mrgalomania di un uomo che ha lasciato dietro di sé un fascismo mussoliniano e quindi ”dittatoriale” di cui – per fortuna non resta che il ricordo. Inoltre potrebbe essere realizzato un piccolo posto di ristoro sul piazzale antistante. Il tutto potrebbe essere gestito con oculatezza – se possibile – dal Comune stesso trasformando così un macabro ricordo del fascismo in un più semplice ma interessante luogo di cultura antifascista.
La trovo un’idea bellissima, bisogna imparare da quello che la storia ci ha lasciato e non cercare di dimenticare tutto!
Almeno Costanzo Ciano è stato un personaggio di un certo rilievo e carisma, ricordiamo e celebriamo certi esseri insignificanti. D’altra parte da una città come Livorno che ti aspetti
? Te lo dice una Livornese che da quando aveva 18 anni non ci abita più…… E meno male