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La casa del viaggiatore
La casa del viaggiatore

La casa del viaggiatore

Viaggiamo, inizialmente, per perderci, e poi viaggiamo per ritrovarci. Viaggiamo per aprire i nostri cuori e i nostri occhi. E viaggiamo, in sostanza, per diventare di nuovo dei giovani ingenui, per rallentare il tempo, lasciarci ingannare e innamorarci ancora una volta.
(Ray Bradbury)

In una stretta viuzza di un paesino tra le campagne del Nord Italia c’è una piccola casa in rovina, la facciata è scrostrata e rovinata, la porta d’ingresso dai vetri colorati è spalancata. Non sono la prima ad entrare qua dentro,  noi esploratori a volte condividiamo i luoghi scoperti, e questa dimora è uno di questi. Di solito però quando esploro un luogo già visitato da altri, evito di vedere prima le altre fotografie: preferisco avere il piacere della sorpresa, l’emozione dell’incognito quando varco la porta d’ingresso. Così, quando sono entrata qui dentro ero ignara di cosa avrei trovato, sapevo solo il nome scelto dal suo scopritore: la Casa del Viaggiatore.

Le stanze che incontro sono disposte in modo insolito, mi accoglie subito dietro l’ingresso un piccolo studio, con una pianola e un giradischi. Poi, una cucina, seguita da una camera da letto e, inaspettatamente, un’altra cucina. Avrebbe potuto essere una sala da pranzo, ma la presenza della camera nel mezzo è davvero curiosa. Le scale invece mi conducono ad un piano superiore chè è un susseguirsi di stanze non finite, con mattoni a vista non intonacati, e infine un’altra stranezza: una camera da letto completamente arredata e decorata con carta da parati azzurra e rossa. Ma perché è stata studiata questa disposizione bizzarra? Perchè la casa è rimasta incompiuta al piano superiore tranne quella stanza lontanissima da tutto? Sicuramente queste mie domande non avranno mai una risposta.

Invece per quanto riguarda il nome “Casa del Viaggiatore” penso che potrebbe derivare da una serie di ninnoli e ricordi di viaggi lontani che anch’io ho trovato tra le stanze: una scarpa giapponese, alcuni quadri, degli abiti tradizionali…

Ma siamo certi che il viaggiatore fosse realmente chi abitava lì? O forse il nome scelto riflette il sogno di una vita di avventure? Si potrebbe anche immaginare che fossero regali, portati da chissà chi a qualcuno che non poteva lasciare quel piccolo paese. Spesso proiettiamo nei luoghi abbandonati i nostri sogni, proprio come facciamo con i nostri figli pensando al loro futuro, ma questa è un’altra storia e questo non è il luogo dove parlarne.

Allora anch’io mi lascio trascinare dalla mia immaginazione e mi chiedo se quella non è la casa di un padre solo con un figlio impegnato in viaggi lontani, che riceveva questi regali, fotografie, quadri in pacchi postali da luoghi lontani e li conservava come reliquie. Piccoli oggetti che lo avvicinavano a quel figlio sempre in viaggio per il mondo e che sognava ascoltando la musica dal suo giradischi.

Chissà chi avrà indovinato la storia giusta, di sicuro c’è solo la certezza che questo luogo sta lentamente scomparendo tra polvere, ragnatele e abbandono

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