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La casa del prete di campagna
La casa del prete di campagna

La casa del prete di campagna

La vita è un gioco d’azzardo terribilmente rischioso. Fosse una scommessa, non l’accetteresti.

Mentre esploravo una vecchia canonica dispersa tra le colline dell’Appennino, mi sono ritrovata a riflettere su un pensiero che mi aveva sempre affascinato: la teoria di Pascal secondo cui il cristianesimo è, in fondo, una scommessa. In certi luoghi, immersi nel silenzio e nella solitudine, sembra che questa idea prenda ancora più forza. Forse è proprio in contesti simili che la religione diventa un appiglio, una forza alla quale ci si aggrappa per sopravvivere, per trovare un senso o semplicemente per resistere.

Pascal sosteneva che la ragione umana non dispone di argomenti sufficienti né per dimostrare né per negare l’esistenza di Dio. In un tale stato d’incertezza, secondo il filosofo, l’uomo è chiamato a fare una scelta: scommettere sull’esistenza di Dio o contro di essa. La logica della scommessa, però, suggerisce che puntare su Dio è la scelta più sensata. Se Dio non esistesse, l’uomo perderebbe solo beni finiti, come i piaceri terreni, mentre se Dio esistesse, guadagnerebbe un bene infinito: la beatitudine eterna. Al contrario, scommettere contro Dio potrebbe portare un guadagno limitato, ma in caso di errore si rischierebbe di perdere l’infinito.

In una canonica abbandonata, tra mura spoglie e tracce di un passato carico di devozione, questa teoria sembra quasi palpabile. Lontano dalla frenesia del mondo moderno, dove tutto sembra fluire in modo rapido e superficiale, ci si confronta con domande più profonde. In questi luoghi, dove il tempo sembra essersi fermato, la “scommessa” di Pascal non appare più come un mero ragionamento filosofico, ma come una possibilità concreta, una strada da percorrere per dare un senso al mistero della vita.

Forse la gente che abitava qui intorno aveva veramente bisogno della fede, e chissà, magari lo stesso parroco, che conservava nella sua casa questi due angeli di gesso a grandezza umana, trovava in loro un conforto silenzioso. La loro presenza, così imponente e serena, poteva rappresentare un legame tangibile con il divino, un simbolo di protezione e speranza in un tempo in cui l’incertezza e le difficoltà erano parte della vita quotidiana. Forse quegli angeli erano più di semplici statue; erano un segno, un modo per ricordare a tutti che, nonostante tutto, non erano mai davvero soli.

E voi ne avete bisogno della presenza di Dio nella vostra vita?

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