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Giardini dell’anima – NEMUS
Giardini dell’anima – NEMUS

Giardini dell’anima – NEMUS

“Ci sono sempre fiori per chi vuole vederli.”

Henri Matisse

Tra quattro giorni aprirà la mia prima mostra personale: Nemus al caffè sociale di Mondovì.

Venerdì 24 alle ore 18 vi parlerò delle mie esplorazioni, di come è cresciuto questo blog, delle mie fotografie e naturalmente di come è nato questo nuovo progetto!

Intanto vi lascio leggere da un po’ di cose …

In questi anni ho attraversato tanti giardini abbandonati,

ho ammirato le luci filtrare dai vetri di serre dimenticate,

ho amato gli angoli di alcuni meravigliosi giardini d’Inverno oramai dismessi,

ho scoperto piccoli angoli di verde spuntati nel nulla tra le macerie

ho contemplato che la natura sopravvive e si riprende i suoi spazi,

che l’erba cresce anche in luoghi che a noi sembrerebbero inospitali.

Ho portato nel cuore questa caparbietà che vince nonostante tutto,

e ho capito che ci si può riuscire a realizzare i propri sogni

e che non bisogna mai arrendersi.

Questo progetto era un mio sogno,

grazie a chi mi ha aiutato a realizzarlo

grazie a chi verrà a vedere la mostra

grazie a chi deciderà di acquistare una delle mie opere

perchè potrebbe aiutare qualcuno che lotta nell’ombra

per ritrovare la sua luce

e per sopravvivere nonostante tutte le avversità.

Resto troppo legato agli oggetti, alle case, alla storia. La famiglia di accumulatori seriali da cui provengo mi ha trasmesso una malattia che giustifico, ingannadomi, con la scusa del valore economico, dell’importanza storica, dell’affettività di ciò che raccolgo e acquisto. Mi circondo di cose perchè alla mia età il ricordo è un palliativo all’incipiente diminuire dell’energia vitale. Le immagini di quelle dimore abbandonate, spesso ancora arredate, che Lorena propone nelle sue mostre e sui social, mi colmano di frustrazione. Vorrei avere abbastanza denaro per acquistare tutti quei vecchi palazzi che lentamente collassano.. Oppure potrei offrirmi per salvare ogni soprammobile, ogni arredo, ogni libro che emerge da quelle immagini come dalla stiva di una nave affondata.
Per i giardini non è così. Un giardino abbandonato non muore. Le opere che l’uomo aveva edificato, per ordinare e proteggere i propri vegetali preferiti; e per impedire agli altri di crescere, vengono pian piano inghiottite e collassano rapidamente. Le piante più vigorose,senza più cesoie che le frustrano, prendono il sopravvento e tornano anarchiche. Quelle selvatiche, che squadre di attenti giardinieri avevano estirpato, diserbato, represso, esplodono in tutto il loro vigore.  Non c’è nulla che trabocchi di vita e di energia come un giardino lasciato a se stesso. Il caos, quello vero, non quello ricercato dei giardini all’inglese, sostituisce l’ordine voluto dall’uomo. E l’uomo non coglie più la bellezza del luogo perchè l’attenzione di ognuno di noi è focalizzata sul fiore, sul capolavoro di arte topiaria, sul prato rasato e verdissimo. Non ci accorgiamo così della moltitudine di piante edibili, medicinali, profumate che sono tornate a popolare le aiuole deserte, le serre crollate, i prati dimenticati. Non sentiamo il canto degli uccelli e non ci rendiamo conto delle miriadi d’insetti che tra quelle erbacce scompigliate hanno trovato il loro eden. Per questo trovo molto azzeccata l’associazione tra il fine benefico di questa mostra e le immagini. Poniamoci di fronte alle foto e forziamoci a sentire la vita, quel fiume tortuoso, prepotente che continua a fluire anche senza di noi. Lasciamoci trasportare e aiutiamo con un piccolo gesto coloro che sulle rive di questo fiume, per qualche tempo, hanno sperimentato l’abbandono. Spingiamoli, o meglio trasciniamoli con noi nella corrente per dare loro la possibilità di raggiungere con noi il mare. 

EMANUELE BELLA

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